Il grande errore è andare in piazza per conto di altri

di Luisa Muraro, Corriere della Sera, 10 febbraio 2011

Viva le manifestazioni che sono l’espressione collettiva di un pensiero e di un sentire, garantita costituzionalmente. E ben vengano. Sia chiaro però che non esiste pensiero collettivo: si pensa in prima persona o non si pensa. Le masse fatte di persone che non pensano in prima persona, sono cieche o manipolate. Sto citando la filosofa Simone Weil. E pensare non è reagire al detto di altri con un sì o con un no, ma situarsi con il proprio desiderio e interesse nei confronti di quello che accade.

Attenzione anche al fascino dei grandi numeri cui ci siamo abituati con la Rete. È abbastanza ovvio che i grandi numeri non rendono giusta una posizione. Ma rendiamoci conto di una cosa meno ovvia e cioè che firmare o manifestare in massa non può rimpiazzare che si faccia in prima persona tutto quello che si può fare nei contesti in cui ci troviamo a vivere.

Qui spunta un primo interrogativo sulla manifestazione del 13. Secondo me, c’è il pericolo che la manifestazione venga usata da quelli che a suo tempo non hanno fatto quello che avrebbero dovuto fare. Che cosa? Il lavoro proprio di una classe dirigente, che era d’intercettare e bloccare un uomo come Berlusconi che non era adatto agli uffici politici, neanche dal punto di vista strettamente legale. Siamo in una democrazia costituzionale e rappresentativa: la piazza non dovrebbe essere necessaria quando si tratta di scegliere e cambiare gli uomini al governo. Se la piazza è diventata necessaria, vuol dire che qualcuno o molti non hanno fatto quello che dovevano fare quando sarebbe stato efficace, ed è esattamente così che è andata.

A questo punto della faccenda si fa appello alle donne. Che senso ha? Come altre, io ci ho visto una strumentalizzazione dei loro sentimenti. Il sentire femminile, per me, è una cosa profonda e delicata che attiene alla vita del corpo sociale. Comunemente le donne, e io sono una di loro, detestano la prostituzione. Ed è su questo sentire che, dopo l’ultimo scandalo berlusconiano, si è fatto leva: gesto criticabile perché il nostro sentire immediato, in sé giusto, non può tradursi in atti politici senza le necessarie mediazioni. Queste sono mancate. Le critiche avanzate da alcune femministe in proposito sono state accolte, per fortuna. Andando avanti in questa direzione, deve diventare chiaro che lo scambio tra soldi e sesso, sesso e potere è una pratica diffusa tra gli uomini, compresi i politici sia di destra sia di sinistra. E che il capo del governo, da questo punto di vista, non è un’eccezione. Grazie a quella presa di coscienza accanto alle donne scenderanno in piazza anche uomini a manifestare la loro distanza da un sessismo che ancora imbeve di sé la cultura politica e non soltanto.

Ma questa è anche la ragione per cui bisogna insistere con le critiche. Che una decida di partecipare oppure di stare altrove e altrimenti, in ogni caso la discussione in corso tra donne significa non consegnarci ciecamente a operazioni politiche nelle mani di uomini i cui orizzonti non oltrepassano la bottega del politico vecchia maniera. La forza non vista ma reale del femminismo italiano sta trasformando il momento presente in un confronto che fa luce anche sulla sua ricchezza di pensiero. L’essere altrove e altrimenti, è una figura fondante del femminismo: marca la differenza femminile e opera una rottura nei confronti di cose già decise da altri. Ma non meno importante è anche il desiderio di esserci nel mondo e di contare con tutte le proprie qualità. Qui tocchiamo un altro punto delicato del dibattito presente, per me il più delicato. Ascoltando e leggendo, mi sono resa conto che partecipare alla manifestazione significa, per molte, sentire di esserci e di essere attive. Agli occhi di queste, molte delle quali giovani, una come me che critica e non aderisce di slancio, appare fredda e distaccata. Una simile impressione mi dispiace e mi fa torto. Ma resisto alla voglia di spiegare quanto, come e dove intensamente io ci sono anche in questa congiuntura, preferisco affrontare questo nodo del protagonismo femminile che sembra dividerci tra donne.

La rivolta femminile degli anni Settanta è nota per le sue manifestazioni pubbliche ma il suo aspetto non appariscente è stato e rimane molto più efficace. Questo aspetto riguarda l’esserci in prima persona con il proprio desiderio, non delegare niente di essenziale ad altri ma creare relazioni di fiducia e trasformare la propria esistenza in una libera impresa. Insomma, dare vita a un’economia di mercato non dominata dal profitto ma dalla forza dei desideri. Una manifestazione come quella di domenica prossima entra in questo gioco? Ci vai, per te. Non andarci contro qualcuno per conto di altri.

 

 

 


10 commenti on “Il grande errore è andare in piazza per conto di altri”

  1. Daniele Faravelii ha detto:

    Ho letto con molto interesse questo intervento di una donna che, ahimé per mia ignoranza e mia lunghissima assenza dall’Italia, non conosco nè di fama nè di nome.
    Sono un uomo che ha vissuto il 68, che nel 74 frequentava a Roma un gruppo di femministe che gli hanno insegnato molto sia sulle donne che sulla lotta politica.
    Non posso che aderire al fatto che in una vera democrazia, le manifestazioni di piazza non dovrebbero essere necessarie. Ma da anni non abbiamo più opposizione: se Berlusconi è al governo è a causa di Prodi and Co che sono stati persino incapaci di cambiare la legge elettorale e le leggi sulla televisione e la stampa. Se Berlusconi continua a dominare è perchè i vari D’Alema, Veltroni, Di Pietro, Casini e chi più ne ha più ne metta continuano a fare delle discussioni teoriche distaccate dagli interessi degli italiani invece di fare un programma comune sulle priorità dell’Italia. Chi li ascolta più ? a nessuno importa la famosa raccolta di firme di Bersani. Ci vuole la lotta per resistere alla violenza del potere.
    Andare in piazza ? che altro ci resta da fare per abbattere Mediaset e la cultura che ha portato al Rubygate ? e per abbattere chi con poco pane a molti giochi e moltissimi soldi di dubbia provenienza ha addormentato le masse.
    Si, non ci resta che la piazza, come al Cairo e a Tunisi. Donne e uomini. Direi anche che per fortuna ci son le donne perchè ormai sui maschi della politica non si può contare.
    Andiamo in piazza per noi ma anche per i nostri figli (e nel mio caso i nipotini), per la nostra dignità, per la nostra libertà che è stata conquistata col sangue dal popolo e che questo governo vuol fare dimenticare. E contro donne come la Gelmini che vogliono cancellare il 68.

  2. Patrizia ha detto:

    di questo articolo mi piacerebbe sottolineare un altro aspetto Daniele…e se non ci accontentassimo (o se la questione non riguardasse solo) di mandare a casa Berlusconi?
    non è vero che “ci resta solo la piazza” potremmo “…creare relazioni di fiducia e trasformare la propria esistenza in una libera impresa. Insomma, dare vita a un’economia di mercato non dominata dal profitto ma dalla forza dei desideri…”
    io domenica in piazza ci vado con questa utopia, solo per me.

  3. Paola ha detto:

    Cara Luisa grazie della tua lettera
    comunque io ero sola a dirmi devo dire qualcosa adesso non ne posso più e colgo l’occasione di partecipare anche con i dubbi che tu hai così bene espresso, ma non ne posso più …
    BASTA BUNGA BUNGA X TUTTE e solo per far capire il senso del ridicolo che i ruoli istituzionali stanno avendo in questa NOSTRA società.

  4. Mirto ha detto:

    Concordo.

    • anna albano ha detto:

      Grazie a Luisa Muraro, che con questo intervento ripristina il fondamentale concetto di libertà, anche dalle logiche tradizionali dei partiti e dalle trappole della strumentalizzazione anche a sinistra. le donne, in quanto esseri umani, devono guardare molto molto avanti, superare il concetto della cura, del servizio, della posposizione dei propri interessi rispetto a quelli altrui. Pagando, questo è certo, il relativo prezzo.

  5. sara ha detto:

    Cara Luisa,
    qui c’è un grosso fraintendimento, e io non ci sto. Non ci sto ad essere etichettata una ‘consenziente di massa’ per un mio scatto morale che viene da lontano, da un percorso articolato, una mia ricerca forte e solitaria, che è poi confluito in questa manifestazione con naturalezza, così come è stato per altre. Ho detto scatto morale, e non sto qui a specificare ‘non moralista’, perché questa parola non ha più nessunissima importanza per chi come me è nata negli anni ’70, e dovete farvene una ragione. Siamo cresciute in un mondo che voi avete fatto diverso, quindi parliamo una lingua diversa. Sarebbe bello se cercaste di capirla, non di imporci una lingua vecchia che avete contribuito a combattere.

    Fatevene una ragione, la partecipazione di massa a questa manifestazione e iniziativa e non alle mille che negli ultimi 20 anni le femministe di vecchia data hanno cercato di fare, non è dovuta ad un errore. non è dovuta a pecoraggine. non è dovuta a marketing. è dovuta ad una corretta comunicazione (che senza ascolto si limita ad emettere komunicati), e all’interpretazione di un sentimento diffuso e complessissimo, che solo per buona volontà si concentra in una sola giornata e in un solo manifesto, sicuramente non bastante ad esprimere i percorsi di ciascuna.

    Fatevene una ragione, non siete riuscite a tenere accesa nelle coscienze di chi non aveva mezzi elitarissimi la fiamma di ciò che il femminismo ha rappresentato. Prima accetterete questo limite, e prima potrete accettare che è se la fiamma non è venuta e non verrà mai più da voi, senza le braci che avete custodito e ancora custodite ostinatamente e contro ogni moto contrario non ci sarebbe nessun fuoco. Mai.

    Strumentalizzazioni: ben vengano. E sapete perché? Perché per usare un movimento come trampolino, poi devi avere ali per volare. Se le ali ce le hai, e va be’, almeno andrai da qualche parte e potrà essere utile. Ma visto che questi signori di una patetica opposizione da farsa le ali non ce le hanno, tutto quel che faranno prendendo velocità dal trampolino sarà di sfracellarsi con più forza.
    Ben vengano i tentativi di strumentalizzazione: ma poi saranno affari loro quando sarà ancora più evidente la loro inettitudine.

    Buona lotta domani, in qualsiasi forma, qualsiasi cosa farete: anche se coi vostri giri di parole non si è proprio capito in cosa consiste la vostra forma di lotta.
    Trovate parole che si capiscano. Chiare. Non autoreferenziali. In italiano. Non l’accademia, il cui solo scopo è di congelare in vetrino, lasciandolo morire nella non azione, tutto ciò che è vitale.

    Peace.

  6. eva poles ha detto:

    Condivido a pieno la tua opinione e i dubbi che esprimi.
    grazie

  7. carlo ha detto:

    volevo rispondere a daniele.
    premetto che io negli anni settanta non c’ero perchè non ero nato. sono cresciuto con silvio diciamo così.
    ora, io non ho capito se era una manifestazione per le donne o contro berlusconi, e in ogni caso:in che senso? forse perchè non ho la televisione. potremmo trovare un mucchio di “categorie” che i nostri rappresentanti non rispettano, non so,come se si fosse fatto un pride per quelle dichiarazioni omofobe.. non trovo il femminismo, poi forse perchè non è il momento (bestemmia!) ecco appunto siamo stanchi del potere che può far quello che vuole, e un pò nauseati dalla sua ignoranza. allora ecco che le donne non c’entrano più come donne..c’entra tutta la gente che è pronta a rischiare,perchè ha poco da perdere e tutto da guadagnare,e magari l’intellighenzia che si contentri sugli altri poteri, più forti, che caduto berlusconi saranno ancora lì. ce lo teniamo perchè è grottesco,è facile vergognarsi, indignarsi.
    che noia. no? com’è radical chic l’indignazione.
    e rischia di essere una piazza piena di vuoti..che è comunque una nuova geometria.sempre che non è una bolla. siamo più intelligenti,giovani,creativi,consapeoli di così.
    cairo e tunisi sarebbe bello ma a noi ci vedi? magari con una benda sulla bocca, un unico slogan permesso, niente bandiere.. te la vedi quella gente a farsi le spillette? se siamo tantissimi siamo fermi ad aspettare qualcuno che parla, se siamo pochi fermiamo le autostrade. ma di quei molti io sono convinto che almeno un pò ce l’hanno uno sguardo più attento e perforatore della nostra realtà.

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