Legge 194: la minaccia delle troppie obiezioni

di Silvia Ballestra, dal L’Unità del 23 ottobre 2011
Un diritto conquistato, acquisito e in via di estinzione: il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza sancito dalla legge 194. L’allarme arriva dai ginecologi della «Laiga», (Libera
Associazione Italiana Ginecologi per l’ Applicazione della 194) ed è chiaro e semplice: i medici che praticano l’aborto nelle strutture pubbliche italiane non sono più di 150, mentre la percentuale di
obiettori supera il 70 per cento. A farla breve, tra cinque anni in Italia sarà impossibile abortire legalmente in strutture pubbliche, cioè si cancellerà un diritto e si affosserà una legge che ha dato eccellenti risultati (aborti entro la dodicesima settimana più che dimezzati dal 1982). Perché accade questo? Possibile che tutte le obiezioni di coscienza abbiano solide radici morali o religiose. Certo che no. Con i non obiettori costretti a rispondere da soli alla domanda di interventi, infatti, accade che chi obietta abbia più possibilità di carriera, promozioni più facili, agevolazioni, promozioni più veloci, complici le gerarchie sanitarie.
Naturalmente intervenire sarebbe semplice e basterebbe qualche minimo ritocco alla legge. Per esempio continuare a garantire ai medici (e anestesisti, paramedici, ecc.) il diritto all’obiezione di coscienza, vincolandolo però ad alcune condizioni (scatti meno frequenti, minor retribuzione, limitate possibilità di carriera). Potremmo in questo modo salvaguardare un diritto che ha salvato la vita a molte donne e al tempo stesso – non è un dettaglio – verificare la sincerità di tante scelte «morali» che nascondono dietro le sbandierare convinzioni pro-vita le loro egoistiche aspirazioni pro-carriera.


Formazione e promozioni. Le aziende che aiutano le donne

dal Corriere della Sera del 21 ottobre 2011, di Luisa Adani

Allianz: entro il 2015 a loro il 30% delle posizioni di vertice

Talenti e sviluppo professionale. Equivalenza ambita che “salta” se si sottostima la preparazione delle donne e se le donne stesse non sono consapevoli delle loro potenzialità. La formazione certamente potrebbe oliare il sistema organizzativo e culturale che le “blocca” anche se — sottolinea Adele Mapelli del Laboratorio Armonia della Sda Bocconi — da sola non basta, deve essere integrata agli altri strumenti di gestione del personale, per esempio un reclutamento senza pregiudizi e piani di sviluppo e carriera basati sulle competenze.
Ed è proprio in quest’ottica che Siemens ha sviluppato interventi variegati sul diversity sintetizzabile in “se sei consapevole dei tuoi comportamenti e delle tue azioni e sgombri il campo ai pregiudizi che ti orientano, potrai migliorarti sul lavoro e migliorare la tua azienda”. Il percorso prevede: sessioni di coaching per donne, momenti di riflessione e consapevolezza per giovani talenti di entrambi i sessi, interventi di formazione sulla leadership per manager e pranzi al femminile nelle diverse sedi per favorire lo scambio di best pratice. Leggi il seguito di questo post »


Sulle violenze: voci di donne nella rete

Pubblichiamo una raccolta di link sulle posizioni espresse dalle donne nella rete sulle (contro le) violenze, che ha postato Paola nei nostri commenti. La ringraziamo e rendiamo visibile e disponibile il suo contributo, molto utile al dibattito in corso in questi giorni:

Archeologhe che (r)esistono http://archeologhecheresistono.wordpress.com/2011/10/16/roma-15-ottobre-manifestazione-archeologi/

Un’altra donna http://unaltradonna.wordpress.com/2011/10/17/altre-immagini-per-ricostruire/

Donne e basta http://donne-e-basta.blogspot.com/2011/10/15-ottobre-roma-il-giorno-dopo.html

Donne della realtà http://donnedellarealta.wordpress.com/2011/10/17/io-a-roma-purtroppo-cero/

15 ottobre: racconta la tua piazza https://www.facebook.com/event.php?eid=302422876439215

Giovanna Cosenza http://giovannacosenza.wordpress.com/2011/10/17/piazza-mediatizzata-violenza-spettacolarizzata/

Loredana Lipperini http://loredanalipperini.blog.kataweb.it/lipperatura/2011/10/16/il-contesto-per-favore/

Il corpo delle donne http://www.ilcorpodelledonne.net/?p=8069 e http://www.ilcorpodelledonne.net/?p=8091e

Womenews http://www.womenews.net/spip3/spip.php?article9276

Furiosa http://furiosa.noblogs.org/post/2011/10/15/estremisti-di-destra-distruggono-la-manifestazione-pacifica-di-roma/


Il boom degli obiettori “Tra cinque anni in Italia non si potrà più abortire”

Allarme dei medici per la 194: “Siamo rimasti in 150” – “Costretti a fare solo interruzioni di gravidanza, la legge deve essere cambiata”

di Maria Novella De Luca, da La Repubblica del 20 ottobre 2011

ROMA – Ha fatto dimezzare gli aborti e reso le coppie più consapevoli verso la maternità. Ha spezzato la clandestinità e spinto fuori dal silenzio il dramma secolare di milioni di donne. Adesso però la legge 194 rischia di scomparire. Nell´arco di cinque anni o poco di più. Travolta da un esercito di obiettori (il 70,7% dei ginecologi) che hanno desertificato i reparti di interruzione volontaria di gravidanza, mentre per i pochi medici non obiettori la vita è diventata una trincea: emarginati, vessati, costretti a fare soltanto aborti e a turni massacranti, penalizzati nella carriera. «Ho smesso perché non ce la facevo più – racconta M. G. ginecologa – lavoro in un ospedale pubblico delle Marche, dove la direzione sanitaria ha fatto dell´obiezione di coscienza la sua bandiera. Otto anni senza ferie, senza potermi occupare di né di parti né altri interventi, solo e soltanto aborti. Nel gelo e nel disprezzo degli altri colleghi, come fossi una ladra. Ho avuto un esaurimento. Ho detto basta. Adesso il servizio Ivg è chiuso». Infatti. I non obiettori sono ormai uno sparuto drappello il cui numero si assottiglia sempre di più. E se in Italia diventerà difficilissimo assicurare le interruzioni di gravidanza entro il terzo mese, sarà quasi impossibile effettuare gli aborti terapeutici. Ossia quelli più difficili e dolorosi, che seguono alla diagnosi di una malformazione del feto. Leggi il seguito di questo post »


Indignate, (per ora) vince l’ambiguità

di Franca Fossati da Europa

Tra i primi arrestati per le violenze di sabato a Roma ci sono 4 ragazze. «Anche» 4 ragazze, hanno scritto le agenzie evidenziando lo stupore. «Non ci aspettavamo che, tra quei blocchi di felpe nere che avanzavano a falange, sotto quei cappucci che coprivano i volti, sotto i caschi integrali, spuntassero code di cavallo, mani affusolate, corpi inequivocabilmente giovani e femminili» scrive Paola Di Caro (27esimaora.corriere.it).
Secondo il Corriere della Sera, che riporta fonti investigative, addirittura a organizzare gli scontri ci sarebbe stata una donna (18 ottobre). Non se ne stupisce Loredana Lipperini che nel suo blog (loredanalipperini.blog.kataweb.it) ricorda le tricoteuses plaudenti alla ghigliottina, le naziste, quelle che hanno preso parte agli sterminii in Ruanda e in Bosnia, per ribadire che le donne non sono solo madri amorevoli. E neppure fate o terapeute o madonne.
Sarebbero «come gli altri». In polemica esplicita con chi, come Marina Terragni, a caldo, subito dopo la guerriglia romana, aveva scritto che se fossero state le donne a «chiamare» la piazza non ci sarebbero state tante violenze.
A sua volta Terragni rivolge una critica al movimento “Se non ora quando”, di cui per altro si sente parte, che «ha scelto un altro percorso: non una nuova piazza, ma il cammino per la costruzione del futuro politico imminente» (blog.leiweb.it).
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Donne escluse dal lavoro «Perdiamo 7 punti di Pil»

di Stefania Tamburello dal Corriere della Sera del 19 ottobre

Saccomanni: oggi i peggiori d’Europa, al Sud la realtà più grave

Nel confronto internazionale la donna italiana, quanto a parità con gli uomini, non fa una bella figura. «L’Italia nel divario di genere è tra i Paesi più arretrati». Nelle classifiche mondiali è al 74° posto su 134, «fanno meglio di noi tutti i Paesi europei, peggio solo il Giappone tra le maggiori economie industrializzate». Esordisce così Fabrizio Saccomanni, direttore generale della Banca d’Italia aprendo i lavori del convegno su «Crescita economica, equità, uguaglianza: il ruolo delle donne» organizzato dalla Banca, prendendo spunto dal Rapporto 2012 «sull’uguaglianza di genere e sviluppo» elaborato dalla Banca Mondiale e da una serie di studi e ricerche condotti dagli economisti dell’Istituto.

Se si guarda ad altre voci del confronto col resto del mondo l’Italia, osserva ancora Saccomanni, «ha una posizione un poco migliore per quanto riguarda l’istruzione – 49° posto – e decisamente peggiore se si guarda alla partecipazione della donna all’economia». Che vuole dire lavoro e occupazione: nel 2010 era occupato il 46,1% delle donne tra 15 e 64 anni, contro il 67,7% degli uomini. «Il divario è particolarmente pronunciato nel Mezzogiorno, dove solo tre donne su 10 lavorano». Leggi il seguito di questo post »


“Il cambiamento non può aspettare” Ma l’onda rosa si divide sulla piazza

di Laura Preite, da La Stampa del 19 ottobre 2011
Era nell’aria da un po’. Bastava leggere i commenti sul blog del movimento “Se non ora quando” per capire che stava montando un malcontento tra le persone che avevano manifestato lo scorso 13 febbraio a difesa delle donne italiane e che si aspettavano di partecipare al cambiamento della politica e del Paese. Adesso quel mal di pancia è stato formalizzato, con una lettera indirizzata al comitato promotore di Se non ora quando (Snoq) in cui si chiede “una nuova iniziativa nazionale” per “farsi protagoniste del non più procrastinabile cambiamento del Paese”, una nuova manifestazione di piazza, per far sentire la propria voce. C’è la firma di una decina di gruppi di donne che il 13 febbraio erano in piazza, a cui si aggiungono le centinaia di commenti critici di attiviste che si sono conosciute in piazza e non si sono più lasciate, scambiandosi informazioni online da un lato all’altro dello stivale. Leggi il seguito di questo post »


Bankitalia: l’Italia fra i Paesi più arretrati per il lavoro delle donne. «Fondamentali per la crescita»

di Chiara Beghelli, dal Sole 24 Ore del 18 ottobre

«In Italia vi è una pressante esigenza di riattivare la crescita». E in questo le donne e i giovani sono fondamentali. A dirlo è il direttore generale di Bankitalia, Fabrizio Saccomanni, nel suo intervento di apertura al convegno che si tiene a Palazzo Koch in occasione della presentazione del “World Development Report 2012″ della Banca mondiale. «Alle riforme elettorali va associato un maggior coinvolgimento nella vita economica dei soggetti che oggi sono al margine. Sono risorse che il Paese non può permettersi di tenere sottoutilizzate», prosegue Saccomanni. «Oggi, più degli altri Paesi, il nostro ha bisogno di tutti i contributi possibili – ha detto Saccomanni – per assicurare una maggiore crescita futura». Leggi il seguito di questo post »


Bankitalia: “le donne ai vertici sono portatrici di governance migliori”

Roma, 18 ott – ”Le donne ai vertici sono portatrici di governance migliori e di comportamenti meno rischiosi. I vantaggi che le banche e le imprese ne trarrebbero sono evidenti. Come imprenditrici talvolta hanno problemi di accesso al credito, anche se le loro imprese non hanno una performance diversa dalle altre e mostrano una qualita’ del credito migliore”. Il direttore generale della Banca d’Italia Fabrizio Saccomanni si sofferma sul ruolo delle donne e il loro maggior coinvolgimento ai vertici delle aziende nel corso di un convegno in Banca d’Italia in occasione della presentazione del Rapporto della Banca mondiale. Leggi il seguito di questo post »


L’azienda moderna è donna

Di Stefano Zamagni, dal Sole 24 Ore di domenica 16 ottobre

Perché mai solamente nell’ultimo quarto di secolo – in Italia da assai meno – si è diffuso il convincimento secondo cui la questione di genere costituisce oggi per l’impresa una delle sfide più impegnative per la sua stessa sostenibilità? In parallelo con l’evento della globalizzazione e soprattutto della terza rivoluzione industriale – l’ingresso sistematico delle tecnologie infotelematiche nel processo produttivo – le economie di mercato di tipo capitalistico sono andate soggette a un mutamento di fase. Mentre il capitalismo della modernità – che aveva separato, anche in senso fisico, i luoghi di vita familiare dai luoghi di lavoro – vede la donna vocata principalmente al lavoro riproduttivo, il capitalismo della post-modernità va facendo rientrare a pieno titolo la donna anche nel sistema del lavoro produttivo.

La grande novità delle nuove tecnologie è quella di rendere obsoleta (e quindi scarsamente produttiva) l’organizzazione tayloristica del lavoro. Il 1911 è l’anno di pubblicazione in America della fondamentale opera di Frederick W. Taylor che si richiama esplicitamente all’insegnamento dell’inglese Charles Babbage dei primi dell’Ottocento sulla divisione del lavoro e della cui nefasta influenza sulla condizione della donna scriverà poi il grande economista (e filosofo) John Stuart Mill nel celebre saggio The subjection of women del 1869. Ebbene, come tutti gli esperti di organizzazione aziendale ben sanno – eccetto coloro che ancora si ostinano a leggere la realtà con gli occhiali dell’homo oeconomicus – una gestione vincente dell’impresa nelle condizioni attuali postula che vengano adottati principi e vengano trasferiti nell’agire quotidiano valori rispetto ai quali la donna esibisce un marcato vantaggio comparato nei confronti dell’uomo. Leggi il seguito di questo post »